In Italia la produzione di auto è in costante calo da tre decenni. Una contrazione a dir poco consistente: dal 1989 al 2021 si è passati da 1.971.969 a 442.407 veicoli prodotti (-78%), con il segno meno a caratterizzare anche immatricolazioni (-16% dal 1989 al 2019) e numero di occupati nel comparto (-21% in soli vent’anni, dal 1998 al 2018).

In questo scenario, la mobilità elettrica rappresenta una discontinuità che può essere in grado di invertire la tendenza, grazie alla nascita di nuovi segmenti industriali e opportunità di business: dalla produzione e riciclo delle batterie ai powertrain elettrici, passando per le infrastrutture di ricarica, il software e i nuovi servizi legati alla e-mobility. Con riferimento alla filiera automotive italiana, è importante analizzare i riflessi dell’elettrificazione lungo due direttrici: quella dei costruttori di autoveicoli e quella dei produttori di componenti.

Già oggi un quinto delle auto realizzate in Italia è full electric e una delle priorità del Governo per il settore è quella di arrivare a raddoppiare il volume complessivo degli autoveicoli prodotti in Italia, tornando al livello di 1 milione di unità annue. Un simile incremento produttivo potrà essere raggiunto assegnando agli impianti ulteriori modelli con ricarica esterna. Si può osservare, quindi, come l’auto elettrica sia considerata anche nel contesto nazionale l’unica alternativa per invertire la contrazione dei volumi a cui abbiamo assistito negli ultimi 3 decenni.

Anche il settore della componentistica ha iniziato il processo di riconversione, con le aziende più veloci che potranno cogliere prima delle altre le nuove opportunità offerte dalla trasformazione in atto. Del resto, i player italiani del comparto servono per il 40% Stellantis, sia per gli impianti in Italia che oltreconfine, e per il 60% altri brand esteri (di cui il 22% tedeschi), ed è noto che tutte le principali Case committenti abbiano importanti piani per proporre, almeno in Europa, un’offerta esclusivamente di veicoli a zero emissioni tra il 2030 e il 2035, con investimenti in questo senso che entro la fine del decennio supereranno a livello globale quota 1.100 miliardi di euro.

Costruttori e indotto stanno affrontando un profondo processo di trasformazione. Alcuni componenti non saranno più necessari, mentre altri vivranno un’enorme espansione, nell’ambito di attività industriali sempre più trasversali. Basti pensare alle batterie, in grado di creare circa 250 posti di lavoro tra diretti e indiretti per ogni GWh di produzione (in Italia sono già programmati investimenti per 118 GWh di produzione), o alle infrastrutture di ricarica, per la cui installazione saranno indispensabili 7.000 nuovi occupati entro il 2030.

Le più dettagliate analisi dell’ecosistema automotive italiano, basate non sulla mera osservazione dei codici ATECO, ma su un dettagliato esame delle competenze e del portafoglio prodotti delle aziende della filiera, indicano che i ¾ degli occupati del settore sono impiegati oggi in produzioni non esclusive per i powertrain endotermici.

Di conseguenza, un marginale incremento delle attività manifatturiere per i componenti indipendenti dall’alimentazione e dedicati all’elettrico potrà non solo compensare il calo delle produzioni dedicate solo ai motori tradizionali, ma potrà portare finalmente a un saldo positivo degli occupati. In quest’ottica, i riflessi occupazionali in Italia del passaggio all’elettrico possono essere positivi, con un incremento stimato al 2030 nell’ordine del 6% degli occupati della filiera. Del resto, se da un lato l’auto elettrica è composta da un numero minore di componenti, dall’altro

richiede più ore di lavoro e, cosa più importante da tenere in considerazione, un numero maggiore di competenze molto diverse tra loro.

Il processo di conversione della filiera richiede quindi visione e una politica industriale orientata al futuro, con un’attenzione particolare al tema della formazione di nuove professionalità tra i giovani e a mirate attività di reskilling e upskilling per chi già lavora nel settore.

La filiera italiana non può farsi trovare impreparata. Per beneficiare della trasformazione in atto è indispensabile essere rapidi a individuare e sfruttare i nuovi spazi di business, prima che a farlo siano altri Paesi. Le stesse aziende della filiera, interrogate sulle trasformazioni del settore in un’indagine ad hoc, si sono dette fiduciose sulle prospettive industriali connesse all’elettrificazione (8 su 10), segnalando però l’importanza di una politica industriale mirata e di policy volte a favorire le assunzioni di personale, sia giovane che esperto.

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