Abbiamo seguito con grande attenzione la puntata “La Rivoluzione elettrica” di Presa Diretta andata in onda su Rai 3. Finalmente una redazione ha affrontato, con spirito giornalistico attento, le attuali criticità che vanno risolte per sviluppare a pieno il potenziale dell’Elettrificazione dei trasporti e la produzione da fonti rinnovabili, che, come ribadito da Iacona, è di fatto l’unica vera via di decarbonizzazione per la Transizione Ecologica della gran parte delle attività umane.

TUTTE LE ATTIVITA UMANE HANNO UN IMPATTO

Partiamo da un presupposto: tutte le attività umane hanno un impatto sull’ambiente e un fabbisogno di materie prime importanti e non fanno eccezione la produzione di veicoli elettrici e delle batterie. Se però un veicolo a combustione interna immette in atmosfera il prodotto di combustione di 10 tonnellate di combustibili nella sua vita utile, i mezzi 100% elettrici spostano materie prime che rimangono ben salde all’interno del veicolo e che alla fine della sua vita utile possono essere riusate.

COSA PUO’ FARE L’INDUSTRIA MINERARIA

La trasmissione però ci mostra proprio le criticità che l’estrazione di queste materie prime comporta. Serve quindi un’importante azione nei confronti dell’industria mineraria, che è forse il settore che meno si è evoluto verso la sostenibilità ambientale e sociale rispetto ad altri, generando esternalità negative che spesso paesi meno sviluppati si sono trovati a pagare per scontarne il prezzo alle industrie dei paesi occidentali. Riteniamo quindi di primaria importanza che il servizio pubblico crei i presupposti per una discussione inclusiva sulla produzione delle batterie e l’approvvigionamento delle materie prime.
Da una parte il tema della produzione solleva spunti di riflessione fondamentali per la sostenibilità delle materie prime e dell’industria estrattiva in generale su due aspetti: sostenibilità ambientale, sociale ed indipendenza dell’approvvigionamento.

I PROGRESSI DELL’INDUSTRIA AUTO SULLA PRODUZIONE DEI VEICOLI ELETTRICI

Sotto il primo punto di vista non c’è industria più vivace e più attenta alla sostenibilità di quella dei veicoli elettrici e delle batterie. Se pensiamo infatti a come erano prodotte e cosa contenevano fino a pochi anni fa rispetto a oggi le batterie delle auto elettriche già rimarremmo senza parole: il contenuto di cobalto nei catodi delle celle NMC (Nichel Manganese Cobalto) sta diminuendo sempre di più fino alla sua completa sostituzione prevista da varie case nei prossimi anni; tecnologie alternative dei motori elettrici rispetto a quelle a magneti permanenti consentono un utilizzo ridotto di terre rare; tracciamenti delle filiere dei metalli critici si stanno rafforzando (Volvo ne è un esempio); sempre più fabbriche di celle utilizzano energia proveniente esclusivamente da impianti rinnovabili (come dimostrato da Northvolt, tra i più importanti produttori europei di celle).

COSA PUO’ FARE L’UE PER LA FILIERA DELLE BATTERIE

Dal punto di vista dell’indipendenza dall’Asia, bisogna precisare che le batterie che oggi sono vendute sono una percentuale minima rispetto al mercato che si prevede esploderà nei prossimi anni. Per fare un esempio, quest’anno in Italia riusciremo a immatricolare 50.000 veicoli elettrici puri, nel 2030 ne dovremo immatricolare circa 1 milione. È perciò centrale che l’UE si doti di filiere continentali dalla materia prima alla produzione di celle e che l’Italia sostenga fortemente la ricerca di batterie al litio di nuova generazione. La partita è ancora aperta, ma la trasmissione ha mostrato quanto denunciamo da tempo: se l’UE ha lanciato un grande piano per la produzione di celle (EBA) e per la ricerca di materie prime, la seconda purtroppo manca di coordinamento e visione ancora oggi (impressionante che la mappa delle risorse minerarie non si aggiorni dagli anni ‘70). Ancora non c’è un tavolo di lavoro dedicato all’elettrificazione dell’automotive o all’approvvigionamento delle materie prime. Quel che è certo è che l’attenzione alla sostenibilità di noi europei deve guidare il mercato ed evitare che comportamenti ambientalmente e socialmente scorretti creino vantaggi competitivi per la produzione in altri paesi: la Carbon Border Adjustment che si sta discutendo è un primo esempio che deve portare la fiscalità europea, in un mercato ancora molto appetibile, a combattere i dumping ambientali, sociali e fiscali.

Dall’altra parte il tema dell’economia circolare deve diventare un paradigma industriale, dalla produzione allo smaltimento, non la mera gestione del fine vita del prodotto. Per questo il nuovo Regolamento Europeo sta imponendo requisiti di Ecodesign (progettazione volta al riciclo dei prodotti) e percentuali crescenti di materie prime riciclate nelle celle di nuova produzione in maniera tale da rendere più sicuri gli investimenti negli impianti di riuso e riciclo delle batterie (con percentuali di riciclo che già oggi superano l’80% in peso). Anche su questi sviluppi l’Italia avrebbe un tessuto esperto ma nel PNRR non compaiono progetti e la regia scarseggia.

Per chiudere quindi diciamo: ben vengano queste discussioni! Se avessimo avuto, e avessimo oggi, la stessa attenzione che si sta dedicando alla cosiddetta Green Economy anche all’industria dell’Oil and Gas o se ci ricordassimo quanti smartphone o apparati elettronici finiscono oggi in discarica, probabilmente avremmo già fatto enormi passi avanti nella decarbonizzazione dei trasporti, nello sviluppo dell’economia circolare e nella produzione sostenibile di componenti. Oggi questa attenzione rappresenta un’opportunità enorme, poiché crea spazi di sviluppo industriale e commerciale che un Paese come l’Italia, storicamente dipendente da materie prime e produzioni di base estere, deve assolutamente cogliere. Ci sono iniziative e soluzioni per superare le criticità senza strumentalizzazioni. La nostra associazione lavora senza sosta dal 2018 perché questo possa essere possibile e restiamo a disposizione per qualsiasi approfondimento.

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