Giocare con le parole per stuzzicare l’opinione pubblica è un esercizio utile per attirare l’attenzione, ma su temi strategici per il Paese rischia di produrre profondi danni. Negare l’affermazione dell’auto elettrica, ormai realtà a livello globale, vuol dire confondere le persone. E incendiare il dibattito con titoli spericolati, magari disallineati dal reale contenuto degli articoli, significa alimentare un’incertezza che può minare il mercato e le prospettive industriali dell’Italia. 

Un argomento così rilevante andrebbe approcciato affidandosi a dati ed evidenze scientifiche, quando non con un’esperienza diretta. Non può essere ridotto a uno sterile scontro tra fazioni precostituite. Proseguire su questo solco può essere molto pericoloso, a maggior ragione in un momento come questo, in cui diventa sempre più essenziale usare l’energia in modo efficiente. Quasi un obbligo morale. Per fortuna sembra aver iniziato a farsi largo una maggiore consapevolezza della situazione, ma c’è ancora molta strada da fare.

L’Italia, con tutte le sue eccellenze, è sempre stata orgogliosamente un punto di riferimento per l’industria automotive, e non può essere frenata ora da mere battaglie di retroguardia ideologiche. L’auto elettrica è il presente e sarà il futuro, e sarebbe grave impedire al Paese di restare al passo degli altri grandi del mondo. Il ritardo della Penisola su una tecnologia dilagante sarebbe un colpo alla sua capacità di stare al centro della scena internazionale. Anche per questo occorrerebbe affrontare il tema con sobrietà e senza preconcetti. Magari toccando con mano quello di cui si parla, per scoprire spigolature e punti di vista talvolta inaspettati.  

Perché è vero, il costo d’acquisto di un’auto elettrica (oggi) è ancora superiore rispetto a un’endotermica. Ma analizzando più in dettaglio la questione, si nota che – allo stato anche grazie agli incentivi – questa differenza tende ad annullarsi per effetto dei risparmi ottenuti nella fase di utilizzo. E con un’agevolazione anche di poco superiore all’attuale, si raggiungerebbe in tempi brevi un risparmio netto, inoppugnabile, in tutti i segmenti, sempre più popolati di modelli a batteria. Senza parlare poi delle soluzioni alternative all’acquisto.

Oppure, provando per qualche giorno un’auto elettrica, chi può osserverà che ricaricare a casa è più comodo di fare benzina, o che le colonnine sono in realtà più di quante si possa pensare. Su questo punto, come trasparirà chiaramente da un’analisi in uscita nelle prossime settimane, l’Italia è messa meglio di tanti Paesi considerati più evoluti e avanzati, dove le vendite di auto elettriche crescono a tassi da capogiro. Del resto, come evidenziato anche dall’Autorità per l’Energia, “malgrado quanto spesso si legge sulla insufficienza della rete di ricarica, negli ultimi anni le colonnine sono cresciute più velocemente del parco veicoli circolanti”.

Il dibattito, insomma, richiederebbe un avvicinamento più laico e aperto al confronto. Pregiudizi e ideologie contro il progresso rischiano solo di relegare l’Italia a un ruolo secondario nel panorama automotive. E la storia del Made in Italy di questo settore non lo merita di certo.

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